Le Campane di Cinecittà – 2

Il film trattato nella campana per la raccolta differenziata dl vetro che presentiamo questa sera è uno dei capisaldi del Neorealismo, nato in Italia subito dopo il secondo conflitto mondiale.

Forse è una coincidenza che faccia coppia con il film presentato nell’articolo 1, Per un pugno di dollari, ma anche questo film fa parte di una triade conosciuta come Trilogia della guerra antifascista diretta da Roberto Rossellini, a cui seguiranno Paisà (1946) e Germania anno zero (1948). Grazie al grande successo, il film ha ha scolpito nella mente di più generazioni di Italiani la violenza dell’occupazione nazifascista dell’Italia e il ruolo liberatorio della Resistenza. La trama la conoscono proprio tutti (quelli colti); la scena da brividi, poi, probabilmente l’hanno vista anche quelli non colti. Eccola riproposta nello stile elegante delle Molecole!

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Inutile ricordare, ma lo facciamo lo stesso, che Roma città aperta fece man bassa di premi cinematografici, dal Festival di Cannes a due Nastri d’argento a Taormina; fu anche candidato al Premio Oscar per la migliore scenografia.

Vediamo un’altra scena cardine del film.

Roma città aperta fu inserita nel 2008, quando fu creata, nella lista dei 100 film italiani da salvare, film che hanno modellato la cultura italiana e hanno contribuito a sugellare la storia recente nella memoria degli Italiani.

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Girato immediatamente dopo la liberazione di Roma, poco prima della fine della guerra, nel 1945, Roma città aperta vide fra gli sceneggiatori anche Federico Fellini. Grande dibattito si sviluppò negli anni successivi all’uscita del film, tutto era incentrato sul voluto mancato riferimento ai due più tristi episodi della repressione nazifascista, l’attentato di via Rasella e l’eccidio delle Fosse Ardeatine.

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Protagonisti assoluti della pellicola una superlativa Anna Magnani (vinse, per l’interpretazione di Pina, il Nastro d’argento) e un insuperabile Aldo Fabrizi. La figura del sacerdote da lui interpretato potrebbe essere benissimo quella di don Pietro Pappagallo che immola la sua vita alle Fosse Ardeatine, infatti nel film procura documenti falsi e asilo ad antifascisti e perseguitati. Invece nel film poi, lui muore fucilato a Forte Bravetta come un altro sacerdote che militò nella resistenza romana, don Giuseppe Morosini.

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