Nuovo sito
Terminata la fase dura dell’Emergenza Covid che ci ha visto rigorosamente rispettosi delle disposizioni ministeriali, iniziamo oggi timido ritorno alla normalità culturale cui ci siamo dedicati in questi meravigliosi anni del nostro imbrunire.
Noi ci muoviamo secondo quanto previsto e autorizzato dalla cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza. Inforcata la nostra bicicletta abbiamo iniziato a fare attività sportiva per recuperare la prestanza fisica che ci contraddistingue e, secondo quanto ci ha comandato il cuore, siamo subito andati a riannodare il nostro saldo legame con il mondo della street art.
Operazione numero uno è stata quella di andare al Parco degli Acquedotti a registrare il pezzo provocazione dell’intera fase Coronavirus Romana che ha dato vita a una ridicolo e sterile assalto alla diligenza e ha costretto i cosiddetti benpensanti che non hanno alcun legame culturale con quella che è la Street Art, a uscire allo scoperto; ma di questo parleremo a suo tempo.
Oggi, e per un po’ di giorni a seguire, abbiamo in programma un lungo e spettacolare viaggio in un sito abbandonato, quello che è stato, idealmente, l’Eden di Orgh in questa lunga fase di costrizione all’isolamento sociale.
E siccome il nostro viaggio prende i suoi passi dallo studio personale dell’artista, faremo un minestrone di tutto e inseriremo anche il suo studio all’interno del viaggio in questo luogo abbandonato, anche se tra le due realtà, c’è una distanza di circa una quindicina di chilometri.
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Facciamo due passi indietro nel tempo, ai primi dello scorso febbraio, quando, se tu avessi parlato di qualche pandemia, avresti trattato di fantascienza o al massimo saresti andato col pensiero in una misteriosa città della Cina che non sai nemmeno dove sta. In vista di cortesia entrammo in un studio d’artista, dove il caos d’artista regnava sovrano; trovammo un pezzo “in fieri” e tante, tante bombolette sparse dappertutto.
e qua e là tanti, ma tanti colori, tutti in armonia fra loro!
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Fatta questa lunga e doverosa premessa, torniamo ai giorni nostri; questa mattina, di buon’ora, inforcata la bicicletta e iniziata la nostra faticosa, ma salutare attività sportiva individuale ci siamo precipitati in quello studio che abbiamo or ora visto, perchè ci era giunta notizia che era avvenuto il miracolo frutto dell’isolamento forzato cui tutti noi siamo stato costretti.
Infatti, quello studio d’artista che avevamo lasciato nel caos più assoluto aveva assunto l’aspetto di una boutique d’elite; una serie di scaffalature apparse dal nulla aveva permesso di raccogliere tutte quelle bombolette, che a seconda del colore e tonalità avevano trovato la loro giusta collocazione; il pezzo che sovrastava il tutto, anch’esso aveva visto a pieno la luce e faceva sfoggio di sé davanti a un pavimento lindo e pinto e, soprattutto, libero da ogni cosa.
E li vicino, su una panca, stavano appoggiati due vecchi segnali stradale assurti a nuova vita: sopporto per due pezzi di pregevole fattura che tutti ambirebbero poter appendere sul muro della propria casa!
avviviniamoci!
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A questo punto non ci resta che inforcare nuovamente la bicicletta e, accompagnati dal nostro ospite, iniziare una nuova e lunga sgambata per raggiungere questo nuovo sito che cercheremo di descrivere, pur facendolo restare nel più assoluto anonimato, in ossequio al desiderio espresso dall’artista stesso.
Si tratta di una vasta area agricola, diciamo la tenuta di un vecchia e nobile famiglia che vanta, ancor oggi, cospicue proprietà terriere. Su quest’area insistono varie case coloniche, ormai abbandonate da una trentina di anni, una volta occupate dal fattore e relativi contadini. Il tutto è quindi in via di rapido disfacimento; in questa primavera inoltrata poi, la vegetazione rigogliosa avvolge tutto con le sue spire e in alcuni casi, i pezzi che vedremo, sono già avvolti da quei rami che sembra li vogliano soffocare.
Un po’ di pazienza; finito di pedalare inizieremo la visita.