Ieri ci siamo concessi una giornata di libertà e ce ne siamo andati a Venezia. Ci mancavamo da tanti anni, ma proprio tanti; da quando, durante il carnevale, oltre ai residenti, di una vanità senza pari, che amavano scendere in strada, mascherati di bellissimi costumi, eravamo in pochi, pochissimi, quelli che stavano lì per fotografarli.
Il primo impatto è stato micidiale; in una qualsiasi giornata della settimana, un fiume umano di gente percorre la città senza nemmeno guardarsi intorno; trovare uno che parla veneto è poi un’impresa.
Il nostro nostalgico ritorno a Venezia lo abbiamo fatto alla ricerca, non del tempo perduto, bensì alla ricerca del tempo vissuto; ricordare quello che abbiamo fatto nella vita per farne rivivere la memoria, il tutto con un pizzico di nostalgia e con altrettanta tristezza.
Usciti dalla stazione abbiamo preso il ponte a sinistra, poi a destra per trecento metri e al primo canale siamo andati a sinistra. Beh, niente di nuovo, facemmo così anche circa 40 anni fa, quando ci andammo la prima volta e poi anche tutte le altre volte; il quartiere universitario, S.Pantalon, Santa Margherita, Ca’ Foscari, L’accademia, per poi fare l’entrata trionfale a S.Marco, entrando da Ovest.
Questa volta però una sorpresa; giunti a S.Pantalon una piccola folla di gente armata di cellulari e macchine fotografiche ha attirato la nostra attenzione. E’ stato un lampo, ricordare cosa era accaduto una settimana prima e pensare a Banksy è stato un tutt’uno; sì la piccola folla stava fotografando un murale, quello apparso su tutti i giornali e attribuito proprio al re della street art mondiale.
Il tutto, come saprete, è nato da un filmato che è apparso sulla pagina ufficiale FB dello street artist; lui, o chi per lui, espone a piazza S.Marco alcuni quadri di denuncia sull’ignobile libertà di circolazione delle grandi navi da crociera nel Canal Grande; l’intervento della Polizia Municipale obbliga l’uomo a fare gli scatoloni e ad allontanarsi dalla piazza. Ci sarebbe anche un secondo motivo, che è la protesta di Banksy contro gli organizzatori della biennale, rei di non averlo invitato, lui un artista, alla manifestazione.
Sta di fatto che, in concomitanza, sembra una delle mattine successive, appare, proprio lì a S.Pantalon, sul muro di una casa, diciamo non in buono stato, che affaccia sul canale, un pezzo a tecnica mista, stencil più pittura: un bimbo dalla pelle nera con in mano un ramo ardente che emette un coloratissimo getto di fumo fucsia, classico delle torce di segnalazione per chiedere aiuto.
Ovviamente è stato semplicissimo fare 1 + 1; messi insieme i due accadimenti, tutti si sono prodigati ad attribuire il pezzo (che dobbiamo riconoscere essere in perfetta armonia con lo stile e il sistema di denuncia dell’artista) proprio a Banksy. C’è da dire però che nessuna rivendicazione ufficiale (ci permettiamo di chiamarla così) è stata finora avanzata dall’artista.
Ovviamente non abbiamo perso l’occasione per fare nostra l’immagine del pezzo. Ci permettiamo però prima due considerazioni.
Primo: fermo restando che per noi sarebbe di estrema soddisfazione aver fotografato un pezzo di Banksy, saremmo ancora più contenti che il pezzo lo avesse realizzato un altro street artist; questo dimostrerebbe che il campo dei bravi artisti di strada, quelli che hanno da dire qualcosa di significativo che sensibilizzi il viandante, si sta ampliando.
Secondo: come mai, a distanza di una settimana, il potere politico non ha ancora provveduto, alla stregua di quanto ha fatto a Roma di recente nei confronti dei pezzi di TV Boy e di Maupal, a distruggere questa l’opera che è una graffiante accusa contro la scellerata politica del governo italiano contro i migranti? Probabilmente qui ci si scontrerebbe contro uno dei tanti poter forti della società e, come ben sappiamo, tutti sono bravi ad alzare la voce contro i deboli, un po’ più difficile è farlo con i forti.
E ora spazio alle immagini!
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il traffico veneziano
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smartphone
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la raccolta dei rifiuti
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dalla parte opposta
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dal ponte