Da molto, molto tempo, era il lontano 17 marzo scorso, non avevamo messo più piede in quella fabbrica abbandonata che affaccia sulla via Tiburtina all’altezza di S.Basilio. Carica di storia, era stata inaugurata in pompa magna nel 1950 addirittura da Fleming, lo scopritore della Penicillina, è caduta al tramonto del secolo scorso in un rapido oblio; poi i razziatori di qualunque cosa avesse un pizzico di valore e gli abbandonatori senza scrupoli di rifiuti per lo più tossici, hanno fatto il resto.
Ora andando per quegli spettrali stanzoni dove sono ancora ammucchiate milioni di fialette e scatole da riempire, ti capita al massimo di incontrare migranti di ogni etnia che si sono faticosamente ricavati un pertugio dove sopravvivere tranquillamente o qualche sbandato che ti riceve a male parole, ma poi, se riesci ad instaurare un minimo di contatto, te lo fai subito amico.
Su quei muri decrepiti, da qualche tempo, diversi street artist, assecondando forse un bisogno primario, quello di ritirarsi in solitudine per esprimere con tranquillità la propria personalità artistica al riparo da rischi legati alla illegalità del loro operato ma mantenendo al contempo quel minimo di scarica adrenalinica dovuta all’ambiente, o forse per semplice moda, vi hanno realizzato i loro pezzi , che noi puntualmente siamo andati a documentare. Dobbiamo confessare che, anche se raramente, ci siamo prestati a scortare gli artisti stessi, per assisterli nel corso delle loro perfomance; passiamo ora senza indugio a mostrare un’altra fetta di pezzi esposti dentro la “Fleming” come noi amiamo chiamare quel sito.
un pezzo di Riky Boy inserito nell’ambiente
un altro pezzo di Riky Boy ed un suo particolare
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Campagna “Io non mi lascio fregare”. Ritratto di ammiraglio veneziano della bottega di Domenico Tintoretto visto da Gorilla
l’ambiente espositivo
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Set fotografico di moda alla Fleming
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pezzo di Matteo di Mattia e Tommaso Moretti
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E per finire, qualche esercizio calligrafico non guasta mai!