Oggi iniziamo un lungo viaggio in una nuova realtà sociale che si trova in zona centrale a Roma, nel Rione Esquilino alla convergenza fra le vie S.Croce in Gerusalemme e Statila. Lì c’è un grosso edificio, una volta ospitante la direzione generale dell’INPDAP, l’ente di previdenza degli statali ormai confluito nel calderone dell’INPS. Vuoto dal 2010 e lasciato al suo destino che era sicuramente quello di cadere nelle mani dei palazzinari (esiste in rete scheda tecnica di vendita a cura di una grossa immobiliare), nell’ottobre 2012 l’edificio è stato occupato da Action ed è divenuto una realtà abitativa per senza casa di ogni etnia. Ogni decisione viene presa in assemblea; c’è la ripartizione dei turni per effettuare le pulizie; il servizio di guardia all’ingresso è rigorosissimo e ciò permette agli abitanti di vivere la loro vita con tranquillità.
Nei piani bassi e bassissimi dell’occupazione abitativa sta nascendo un nuovo spazio sociale (Spin Time Labs) che vuole aggregare e costruire risposte pratiche intorno ai temi dell’innovazione, del lavoro della sostenibilità e della produzione. Lì si parla di lavoro senza sfruttamento, di socialità orizzontale e meticcia, di cultura partecipata e non mercificata , che si propone di costruire uno spazio innovativo e sostenibile, fuori dalla logica del mercato e del profitto, responsabile della devastazione miope delle risorse. Qui si ha la consapevolezza che dalla crisi strutturale di un sistema ormai incapace di darsi un futuro, si esce riconvertendo, rigenerando e riqualificando quello che già si ha, dai saperi ai rifiuti passando per gli immobili.
Il grande auditorium che è parte integrante dello spazio sociale, sito nel piano interrato sta assistendo in questi ultimi tempi ad un evento di prim’ordine: vengono chiamati, a scadenze abbastanza regolari degli street artist che prestano le loro capacità artistiche per realizzare dei murales sulle pareti che fanno da cornice alle varie manifestazioni musicali e culturali cui ci ha abituato lo “Spin Time Labs”.
Nel momento in cui scriviamo hanno già lasciato il segno sui muri di questa realtà una decina di street artist e noi vi presenteremo tutte le loro opere; questa sera, non tenendo per nulla conto della temporalità degli eventi vi faremo vedere, abbastanza dettagliatamente, la nascita dell’opera di uno street artist che abbiamo avuto la fortuna seguire.
Stiamo parlando di Bol 23. Vera e propria avanguardia della street art romana, è sulla scena “Writer” romana da oltre 25 anni; è stato il primo romano ad essere intervistato, ed avere uno spazio personale, sul più grande e completo archivio di graffiti esistente al mondo (www.graffiti.org). Bol, per l’anagrafe Pietro, è un illustratore creativo, dipinge, disegna e realizza customs interattivi utilizzando anche giocattoli riciclati, ma è l’ideazione e produzione di canvas toys in resina ed in serie limitata in vinile (tra cui il suo personaggio “Lallo il Pappagallo” e “Squiddy” in collaborazione con Giulia Rotelli), che lo rendono uno tra i principali esponenti della scena dei designer toys capitolina.
Siamo capitati allo Spin Time Lab un pomeriggio di una decina di giorni fa ed abbiamo incontrato un signore, con gli occhiali, una bomboletta in mano, che spruzzava, sulla parte alta del muro a lui assegnato, larghe volute di vernice nebulizzata:
poi la rituale prova di funzionalità della bomboletta e l’attacco sulla parte bassa:
Ed ecco realizzata la parte sinistra dell’opera che si passerà poi a rifinire:
Bol 23 da vita al cordone ombelicale che lega il robot-sonda alla navicella
Il mistero del riquadro centrale che sembra voler fagocitare l’artista:
Nel frattempo sta prendendo vita anche la parte destra dell’opera:
E mentre Bol da gli ultimi ritocchi guardiamoci un po’ intorno e vediamo il contesto in cui si inserisce l’opera:
in compagnia di Aloha oe, Murphy, Diamond e Solo
Ed ecco ora, in tutta la sua bellezza, l’opera di Bol 23:
“Attenzione navicella spaziale fuori controllo”
E qui di seguito alcuni significativi particolari:
Un pensiero su “Una realtà sociale al centro di Roma”